L’isola di Tato – Blog - I libri di Gianmario Bonino
La Banda Felice – Racconti
Le sette notti dell’Ing. Peyrano
Il genis e altri strumenti
La felicità è un balcone (Le cose belle della vita)
Suoni la tromba e intrepido…
La Tromba nella Storia
Gianmario Bonino, racconti, musica, sogni e fantasie.
LA BANDA FELICE
Racconti
Dieci racconti brevi e un
racconto lungo coprono un arco temporale di sessant'anni (1940-1999) e i
diversi protagonisti hanno in comune la passione per la musica attraverso la
quale vivono storie in età e contesti diversi.
Muraja (1940)
Il rientro notturno di tre
suonatori reduci da un “ballo pubblico”, alla vigilia della seconda guerra
mondiale.
Mario Cavaradossi (1948)
Il tragico debutto di un
giovane tenore nella Tosca di Puccini.
Il bombardino (1967)
Una banda di paese e le sue
vicissitudini viste attraverso gli occhi di un ragazzo suonatore di bombardino.
Summertime (1968)
La scoperta della musica
“beat” e i primi amori di un ragazzino negli anni '60.
Gianmario Bonino - Il genis e altri strumenti
Il genis e altri strumenti
Un’esperienza
di vita musicale e umana vista attraverso gli attrezzi di un’arte che
appartiene a tutti, senza distinzione di merito o di luogo.
Gli
strumenti hanno l’anima di che li suona.
Il genis
Dovete sapere che c’è uno strumento musicale
che pochi conoscono e forse nessuno ha mai desiderato suonare. Eppure da molti
è stato suonato anche se con risultati spesso controversi. Questo strumento si
chiama genis.
E’ noto ai bandisti di vecchio stampo mentre
per i più giovani il suo nome non evoca ormai alcuna immagine. Eppure si tratta
di uno strumento con una storia che vale la pena di essere raccontata e a cui
il destino ha assegnato un ruolo sicuramente utile quanto ingrato.
La sua particolarità nasce già dal nome e
dalle sue varianti: genis, clavicorno in mi bemolle,
orsicorno o tromboncino. Tanta varietà appare
quantomeno sospetta, quasi si trattasse di un artificio per confonderne la vera
sua identità.
I° Notte
L’ingegner Carlo Alberto Peyrano dormiva profondamente, seduto in una carrozza di prima classe di un vecchio treno a vapore.
Era dipendente delle Ferrovia Statali e si spostava spesso da una città all'altra per il suo lavoro. Ora era prossimo alla pensione e quel vecchio treno, che circolava solo in occasioni speciali, lo stava accompagnando in quello che probabilmente sarebbe stato il suo ultimo incarico.
Prima di
addormentarsi l'ingegnere aveva letto alcune pagine di un voluminoso libro:
“...
Navi nere e roboanti, ancorate nel porto di Santa Maria de los Buenos Aires,
riversavano sui moli la messe industriale dei due emisferi, il colore e il
suono delle quattro razze, lo iodio e il sale dei sette mari; nello stesso
momento, stipate della flora, della fauna e del minerale propri del nostro
territorio, navi alte e solenni facevano rotta nelle otto direzioni del mare
accompagnate da un aspro addio di sirene navali...”
Si trattava di Adan
Buenosaires dello scrittore argentino Leopoldo Marechal. L'ingegnere aveva
notato quel libro sullo scaffale della libreria di una stazione, attratto dal
titolo curioso. A Buenos Aires lui stesso era nato e a soli cinque l'aveva
lasciata per raggiungere l'Italia. Troppo poco per conservare dei chiari ricordi.
Ma neppure in seguito aveva manifestato particolari interessi per il suo paese
d'origine sino a quando non si era imbattuto casualmente in quel testo.
Salito sul treno, aveva letto con curiosità le prime pagine nonostante lo stile prolisso e il linguaggio complesso mettessero a dura prova la sua concentrazione. Ma presto la stanchezza aveva avuto il sopravvento. L'ingegnere si era addormentato e ora stava sognando.
Era come se stesse sfogliando un album di fotografie. Ora si rivedeva piccino, all’ombra degli alberi del suo viale preferito. Seguiva una foto di classe della quinta elementare. Poi eccolo davanti al Liceo con la sua bicicletta. Infine alla stazione, per recarsi all'Università. Saliva sul treno e, come spesso gli accadeva, si addormentava mentre i suoi compagni di viaggio si divertivano a scrivere frasi oscene sui suoi libri...
Un tonfo improvviso lo svegliò. Il libro di Marechal, mosso dagli scossoni del treno, era caduto dal sedile dove lo aveva riposto prima di addormentarsi.
L'ingegnere sbadigliò raccogliendo il libro e cercò un riferimento guardando fuori dal finestrino. Il vetro rispecchiò la sua immagine, ma proprio in quel momento, il fischio prolungato della motrice lo avvertì dell'approssimarsi la stazione.
Si mosse un po'
confuso, in tutta fretta indossò l'impermeabile e recuperò la valigia mentre il
treno lentamente rallentava sino a fermarsi.
Aprì la porta e
scese sulla pensilina. Respirò profondamente e
si guardò intorno: la stazione era deserta. Un tempo avrebbe almeno incontrato
il capostazione con paletta e fischietto, pensò.
Il treno a vapore ripartì sbuffando e scomparve alla vista passando sotto un cavalcavia.