giovedì 27 aprile 2017

Tato cantante

Gianmario Bonino
Suoni la tromba e intrepido...” ed. Phasar

...Tato aveva iniziato prestissimo a cantare, seguendo le note della radio e la voce melodiosa della mamma. Poi fu altrettanto normale intrufolarsi tra le gambe del padre seduto al pianoforte per imparare nuove canzoni. Così a soli tre anni già si esibiva per amici e parenti in un repertorio del tutto rispettabile e che comprendeva brani del tipo Vecchio frac, Romantica, Preghiera di un gitano.

A questo proposito si racconta di quella volta che, durante le vacanze estive – che la sua famiglia trascorreva a Frabosa Soprana – il piccolo Tato era scomparso nel corso di una camminata verso il monte Moro. Naturalmente tutta la comitiva, con la madre in testa, si agitò nelle ricerche che si prolungarono per alcune ore. Nessuno si era infatti accorto che Tato, incuriosito dal passaggio di alcuni militari accampati sul monte per delle esercitazioni, li aveva seguiti sino alle tende del campo. Lì era stato notato da un ufficiale che lo aveva portato nella tenda per le informazioni necessarie a rintracciare il suo gruppo. Tuttavia Tato non era per nulla preoccupato della situazione e anzi aveva proposto all’ufficiale, nell’attesa, di cantare qualche canzone. Fu così che in un attimo altri soldati, attratti da quella voce, accorsero e ben presto la tenda si tramutò in un palcoscenico rimbombante di applausi. Qualcuno però corse anche ad avvisare il gruppo di gitanti in apprensione e quindi la madre poté riabbracciare il suo Tato, non senza prima averlo sonoramente rimproverato.

Ma il racconto non finisce qui perché, qualche giorno più tardi, durante la passeggiata serale per le vie della cittadina, Tato, in compagnia dei suoi genitori si imbatte nuovamente nell’ufficiale incontrato sul monte Moro. Questi, riconosciuto il fanciullo-cantante, lo invita a esibirsi a una cena di gala tra alti ufficiali che proprio quella sera si tiene al Grand’Hotel. Naturalmente i genitori acconsentono, ma Tato non è dell’umore giusto e rifiuta di esibirsi. L’ufficiale pensa a una naturale ritrosia e insiste, prende in braccio il bambino e lo porta nel negozio di giocattoli che lui ben conosce (quanti capricci di fronte a quel negozio…), proponendogli di acquistare qualsiasi giocattolo in cambio della sua esibizione. Ma Tato non cede: ha detto no ed è no! E ai suoi genitori non resta che salutare mortificati l’ufficiale e riportare Tato a casa tra mille rimproveri.
Ci fu però l’occasione della sua forse unica esibizione pubblica che vale la pena di essere raccontata.
In quegli anni, sull’onda delle prime “riviste” televisive, anche nelle piccole città si organizzavano serate del tipo “dilettanti allo sbaraglio”, magari con la partecipazione di qualche volto noto della tv. A Fossano c’era allora un bel teatro che, anche se forzatamente trasformato in cinematografo, aveva tutte le caratteristiche per accogliere un simile evento.
Nel redigere la scaletta dei vari numeri agli organizzatori venne in mente di invitare anche quel bambinetto che un po’ faceva già parlare di sé.
Tato considerò l’invito in modo positivo anche perché, trattandosi di una serata per i “grandi”, si poteva liberare, almeno in quell’occasione, della condizione di bambino che spesso lo infastidiva. Dunque si preparò a puntino, provando e riprovando quello che considerava il suo cavallo di battaglia: Zingaro chi sei, figlio di Bohemia… Questo è il canto di chi non conosce frontiera e l’ardente preghiera del Gitano che và…
Il giorno del debutto si avvicinava quando accadde un fatto, diciamo, spiacevole e ridicolo al tempo stesso. Dunque, come abbiamo già detto, Tato era molto interessato alle varie trasmissioni televisive. Il suo interesse era senza confini, cioè guardava di tutto, dalla tv dei ragazzi al telegiornale, dal Giro d’Italia alle lezioni per analfabeti (Non è mai troppo tardi con il maestro Manzi, ricordate?) fino alle prediche di Padre Mariano. Tra tutto questo anche le gare motociclistiche. Ricordate allora in che modo prendeva avvio una gara? Al via i piloti correvano verso la loro motocicletta, poi prendevano a spingerla correndo fin quando, avviato il motore, con un balzo vi si sedevano sopra e partivano. Bene, Tato, attento osservatore, aveva preso l’abitudine, con la sua piccola bicicletta, di usare questa tecnica che, è bene sottolineare, metteva a dura prova la sensibilità di certe parti intime nel soprasella. Così fu che per una malaugurata coincidenza proprio il giorno del debutto Tato si risvegliò con atroci dolori e scoprì di essere nell’impossibilità di deambulare, neppure… a gambe larghe!
Il farmacista a cui si rivolse prontamente la madre porse una pomata e raccomandò immobilità e riposo. Dunque addio spettacolo…
Ma come abbiamo già detto, Tato aveva la testa dura e alla fine, fingendo di stare meglio, convinse la mamma ad accompagnarlo alle prove del pomeriggio.
L’orchestra era già pronta e fu portato uno sgabello su cui far salire Tato poiché l’asta del microfono, pur abbassata, era ancora troppo alta per la sua piccola statura.
Il maestro diede un cenno e l’orchestra attaccò Preghiera di un Gitano quindi Tato iniziò a cantare, ma vi fu subito qualche problema d’insieme.
Allora il maestro fermò l’orchestra, si avvicinò a Tato e disse:
«Stai attento, bambino, non vai a tempo…».
Non sappiamo chi fosse quel maestro, né quale fosse il livello delle sue competenze. Sappiamo di sicuro invece che Tato aveva un senso ritmico eccellente, ma aveva cinque anni e probabilmente conosceva la canzone a modo suo. Tuttavia la reazione del bambino fu prontissima, e facendo oscillare le dita della mano sulla fronte disse:
«Sei tu che non vai a tempo… allora canto solo se mi accompagna mio padre».
Il maestro, forse sorpreso da una tale reazione, non osò opporsi. Gli organizzatori si guardarono: che fare?
Fu così che il padre di Tato, chiusa la bottega dopo le otto e preparatosi a gustare lo spettacolo in platea, fu invece catapultato sul palcoscenico.
Tato aspettò il suo turno per tutta la serata con le gambe sollevate su di una sedia. Quando fu il momento si alzò e si avviò sul palcoscenico mascherando il dolore. Poi, dopo una breve introduzione del pianoforte iniziò a cantare.
C’è una fotografia che ritrae quel momento: Tato in piedi con la braccia aperte (e le gambe leggermente divaricate…) canta davanti a un microfono (con l’asta obliqua sostenuta da un organizzatore inginocchiato) mentre suo padre, sullo sfondo, è seduto al pianoforte (lui barbiere con la barba lunga).

Dunque Tato cantò e al termine scoppiò un lungo e fragoroso applauso. Tato fu sorpreso soprattutto dalle caramelle che cadevano a pioggia tra i suoi piedi. Peccato, pensò, non poterne raccogliere neppure una a causa di quel problemino…

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