Gianmario Bonino
“Suoni la tromba e
intrepido...” ed. Phasar
...Tato
aveva iniziato prestissimo a cantare, seguendo le note della radio e
la voce melodiosa della mamma. Poi fu altrettanto normale
intrufolarsi tra le gambe del padre seduto al pianoforte per imparare
nuove canzoni. Così a soli tre anni già si esibiva per amici e
parenti in un repertorio del tutto rispettabile e che comprendeva
brani del tipo Vecchio
frac, Romantica,
Preghiera di un
gitano.
A
questo proposito si racconta di quella volta che, durante le vacanze
estive – che la sua famiglia trascorreva a Frabosa Soprana – il
piccolo Tato era scomparso nel corso di una camminata verso il monte
Moro. Naturalmente tutta la comitiva, con la madre in testa, si agitò
nelle ricerche che si prolungarono per alcune ore. Nessuno si era
infatti accorto che Tato, incuriosito dal passaggio di alcuni
militari accampati sul monte per delle esercitazioni, li aveva
seguiti sino alle tende del campo. Lì era stato notato da un
ufficiale che lo aveva portato nella tenda per le informazioni
necessarie a rintracciare il suo gruppo. Tuttavia Tato non era per
nulla preoccupato della situazione e anzi aveva proposto
all’ufficiale, nell’attesa, di cantare qualche canzone. Fu così
che in un attimo altri soldati, attratti da quella voce, accorsero e
ben presto la tenda si tramutò in un palcoscenico rimbombante di
applausi. Qualcuno però corse anche ad avvisare il gruppo di gitanti
in apprensione e quindi la madre poté riabbracciare il suo Tato, non
senza prima averlo sonoramente rimproverato.
Ma
il racconto non finisce qui perché, qualche giorno più tardi,
durante la passeggiata serale per le vie della cittadina, Tato, in
compagnia dei suoi genitori si imbatte nuovamente nell’ufficiale
incontrato sul monte Moro. Questi, riconosciuto il
fanciullo-cantante, lo invita a esibirsi a una cena di gala tra alti
ufficiali che proprio quella sera si tiene al Grand’Hotel.
Naturalmente i genitori acconsentono, ma Tato non è dell’umore
giusto e rifiuta di esibirsi. L’ufficiale pensa a una naturale
ritrosia e insiste, prende in braccio il bambino e lo porta nel
negozio di giocattoli che lui ben conosce (quanti capricci di fronte
a quel negozio…), proponendogli di acquistare qualsiasi giocattolo
in cambio della sua esibizione. Ma Tato non cede: ha detto no ed è
no! E ai suoi genitori non resta che salutare mortificati l’ufficiale
e riportare Tato a casa tra mille rimproveri.
Ci
fu però l’occasione della sua forse unica esibizione pubblica che
vale la pena di essere raccontata.
In
quegli anni, sull’onda delle prime “riviste” televisive, anche
nelle piccole città si organizzavano serate del tipo “dilettanti
allo sbaraglio”, magari con la partecipazione di qualche volto noto
della tv. A Fossano c’era allora un bel teatro che, anche se
forzatamente trasformato in cinematografo, aveva tutte le
caratteristiche per accogliere un simile evento.
Nel
redigere la scaletta dei vari numeri agli organizzatori venne in
mente di invitare anche quel bambinetto che un po’ faceva già
parlare di sé.
Tato
considerò l’invito in modo positivo anche perché, trattandosi di
una serata per i “grandi”, si poteva liberare, almeno in
quell’occasione, della condizione di bambino che spesso lo
infastidiva. Dunque si preparò a puntino, provando e riprovando
quello che considerava il suo cavallo di battaglia: Zingaro
chi sei, figlio di Bohemia… Questo è il canto di chi non conosce
frontiera e l’ardente preghiera del Gitano che và…
Il
giorno del debutto si avvicinava quando accadde un fatto, diciamo,
spiacevole e ridicolo al tempo stesso. Dunque, come abbiamo già
detto, Tato era molto interessato alle varie trasmissioni televisive.
Il suo interesse era senza confini, cioè guardava di tutto, dalla tv
dei ragazzi al telegiornale, dal Giro d’Italia alle lezioni per
analfabeti (Non è mai
troppo tardi con il
maestro Manzi, ricordate?) fino alle prediche di Padre Mariano. Tra
tutto questo anche le gare motociclistiche. Ricordate allora in che
modo prendeva avvio una gara? Al via i piloti correvano verso la loro
motocicletta, poi prendevano a spingerla correndo fin quando, avviato
il motore, con un balzo vi si sedevano sopra e partivano. Bene, Tato,
attento osservatore, aveva preso l’abitudine, con la sua piccola
bicicletta, di usare questa tecnica che, è bene sottolineare,
metteva a dura prova la sensibilità di certe parti intime nel
soprasella. Così fu che per una malaugurata coincidenza proprio il
giorno del debutto Tato si risvegliò con atroci dolori e scoprì di
essere nell’impossibilità di deambulare, neppure… a gambe
larghe!
Il
farmacista a cui si rivolse prontamente la madre porse una pomata e
raccomandò immobilità e riposo. Dunque addio spettacolo…
Ma
come abbiamo già detto, Tato aveva la testa dura e alla fine,
fingendo di stare meglio, convinse la mamma ad accompagnarlo alle
prove del pomeriggio.
L’orchestra
era già pronta e fu portato uno sgabello su cui far salire Tato
poiché l’asta del microfono, pur abbassata, era ancora troppo alta
per la sua piccola statura.
Il
maestro diede un cenno e l’orchestra attaccò Preghiera
di un Gitano quindi
Tato iniziò a cantare, ma vi fu subito qualche problema d’insieme.
Allora
il maestro fermò l’orchestra, si avvicinò a Tato e disse:
«Stai
attento, bambino, non vai a tempo…».
Non
sappiamo chi fosse quel maestro, né quale fosse il livello delle sue
competenze. Sappiamo di sicuro invece che Tato aveva un senso ritmico
eccellente, ma aveva cinque anni e probabilmente conosceva la canzone
a modo suo. Tuttavia la reazione del bambino fu prontissima, e
facendo oscillare le dita della mano sulla fronte disse:
«Sei
tu che non vai a tempo… allora canto solo se mi accompagna mio
padre».
Il
maestro, forse sorpreso da una tale reazione, non osò opporsi. Gli
organizzatori si guardarono: che fare?
Fu
così che il padre di Tato, chiusa la bottega dopo le otto e
preparatosi a gustare lo spettacolo in platea, fu invece catapultato
sul palcoscenico.
Tato
aspettò il suo turno per tutta la serata con le gambe sollevate su
di una sedia. Quando fu il momento si alzò e si avviò sul
palcoscenico mascherando il dolore. Poi, dopo una breve introduzione
del pianoforte iniziò a cantare.
C’è
una fotografia che ritrae quel momento: Tato in piedi con la braccia
aperte (e le gambe leggermente divaricate…) canta davanti a un
microfono (con l’asta obliqua sostenuta da un organizzatore
inginocchiato) mentre suo padre, sullo sfondo, è seduto al
pianoforte (lui barbiere con la barba lunga).
Dunque
Tato cantò e al termine scoppiò un lungo e fragoroso applauso. Tato
fu sorpreso soprattutto dalle caramelle che cadevano a pioggia tra i
suoi piedi. Peccato, pensò, non poterne raccogliere neppure una a
causa di quel problemino…
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