lunedì 23 marzo 2020

Il Bombardino (i nomi di uno strumento)





Ci sono strumenti con un nome solo, che tuttalpiù varia leggermente da una lingua all’altra.
Il violino italiano può diventare al massimo violin, in un’altra lingua. L’oboe è oboe ovunque.
La tromba può diventare trompette, trumpet, trompeta, trombeta, ma la sostanza non cambia.
Poi abbiamo il pianoforte che si restringe in piano, ma in Germania diventa klavier.
Stessa sorte al trombone (posaune), mentre in lingua inglese il clavicembalo diventa
harpsichord e il fagotto, basson. Se proprio vogliamo esagerare il corno (horn nelle altre lingue) in Spagna è denominato trompa. Ci saranno sicuramente altri casi curiosi.
Ma è innegabile che il problema si acuisce quando i nomi si moltiplicano nella stessa lingua.
Abbiamo già visto, parlando del genis, come la questione possa generare equivoci e confusione.
Ma non abbiamo finito poiché ecco spuntare un altro strumento a crearci interrogativi nella sua denominazione. Uno strumento in verità per lo più sconosciuto negli ambienti accademici, tanto è vero che quando finalmente (eravamo nel 2011!) fu inserito dal Ministero tra gli strumenti ammessi nel Conservatorio, qualche collega domandò incuriosito:
«Ma che strumento è l’eufonio?».
In verità, nei miei ricordi bandistici, trovavo già un altro nome per identificare quello strumento: bombardino!
Allora è opportuno cominciare dall’inizio.

L’inizio per molti strumenti a fiato coincide nientedimeno con…Napoleone Buonaparte! Sì, perché fu lui a pretendere che i suoi eserciti fossero accompagnati da … una Banda, forse rifacendosi alla Roma imperiale, dove le legioni erano precedute da una Banda di ottoni. A tal proposito la tradizione vuole che Giulio Cesare, superando il Rubicone, che al tempo separava la Gallia Cisalpina dal territorio romano (pronunciando la fatidica frase Alea iacta est - il dado è tratto), destasse gli abitanti di Rimini al suono dei Cornua e delle Tubae.
Lo sviluppo degli ottoni coincise poi con l’invenzione dei pistoni (circa 1815) che consentivano la produzione dell’intera scala cromatica.
Tra i vari nuovi modelli nacque in quell’epoca la famiglia dei Flicorni ad opera di Adolf Sax e che dal loro inventore, almeno in Francia, prendono il nome di Saxhorn. Ma già in Germania strumenti analoghi venivano denominati quali  flügelhorn, baryton, tenorbass e tenorbasshorn.
In sostanza si trattava comunque di una famiglia di ottoni comprendente modelli nelle diverse taglie che consentivano la copertura di tutta l’estensione vocale.
Dunque, anche in Italia, avevamo un flicorno per ogni esigenza (sopranino, soprano, contralto, tenore, basso e contrabbasso). Questo per quanto riguarda la terminologia ufficiale, ma era destino che venisse ben presto affiancata da quella popolare, per cui, ad esempio, il flicorno sopranino diventa pistoncino o flicornino, quello contralto, genis e ancora il flicorno baritono, bombardino.
Ma in quest’ultimo caso la promiscuità non si ferma qui, perché intanto le differenze tra il flicorno tenore e quello baritono sono assai sottili, un po’ come succede per la voce umana. In sostanza si tratta di due strumenti con la stessa dimensione in lunghezza mentre differiscono nella struttura (tecnicamente: canneggio) essendo quella del baritono di maggiori dimensioni. Infine anche le forme attribuite dai diversi costruttori possono ingarbugliare ulteriormente le idee.
A questo proposito occorre fare molta attenzione a non confondere questo strumento dalle varie terminologie con la tuba wagneriana, dalla forma simile, ma dalla struttura assai diversa essendo questo uno strumento derivato dal corno (quindi con bocchino e canneggio molto più stretti).
Giunti a questo punto ecco forse spiegato perché in alcuni paesi il flicorno baritono o baryton o saxhorn prende il nome di euphonium, un termine latino scelto nel tentativo di unificare le terminologie.
Ma per non farci mancare nulla, ecco allora che il nostro Ministero, nelle recenti declaratorie ufficiali, decide di chiamare questo strumento con un nuovo nome: eufonio.
Allora, ricapitolando: flicorno tenore, flicorno baritono, bombardino, euphonium, eufonio. A voi la scelta!
In ogni caso, nonostante i suoi travestimenti, il bombardino (preferisco chiamarlo affettuosamente così) non riuscì ad essere accolto nell’organico orchestrale. Forse proprio a causa delle sue origini popolari, come del resto accaduto al altri suoi simili (saxofono, mandolino, la fisarmonica…). In tali casi si fossilizza in pratica un circolo vizioso dove i compositori non utilizzano certi strumenti  perché non fanno parte dell’organico e viceversa.
Così accade che nelle rare occasioni in cui il bombardino entra nell’olimpo orchestrale lo fa per evidenziare momenti di ispirazione popolare o militare e le opere di importanti autori ne prevedono l’uso (pur usando le terminologie più diverse…) si possono riassumere nelle dita di una mano.
Quadri in un’esposizione di Moussorgskij-Ravel, Sinfonia n° 7 di Gustav Mahler, Sinfonietta di Leos Janacek, Pini di Roma di Ottorino Respighi, il balletto The Golde Age di D.Sostakovic, la suite I Pianeti di Gustava Holst, Vita d’eroe op.40 di Richard Strauss e quasi sempre utilizzato in veste solistica, a sottolineare comunque la sua estraneità dall’organico ufficiale.
L’unico ambito in cui il bombardino trova una più che degna collocazione è dunque quello bandistico dove la sua funzione è paragonabile a quella del violoncello in ambito orchestrale.
Ma non solo, perché il timbro vellutato, l’elegante articolazione e l’ampia estensione dello spettro lo rendono indicato a sostituire la voce di baritono (o di tenore) nella trascrizioni operistiche che caratterizzano il repertorio bandistico italiano. Inoltre la sua duttilità lo rende indispensabile nella funzione “controcanto” (nelle marce da sfilata e nelle marce sinfoniche) e ne fa appunto lo strumento bandistico più creativo in quanto adibito a modellare nuove melodie a supporto di quelle originali.
Anche la sua forma (pur nelle diverse varietà), che consente un abbraccio con l’esecutore, lo rende strumento assai duttile nella marcia e addirittura nella corsa, tipica delle fanfare dei bersaglieri.
Questa, in breve la storia di uno strumento con tanti nomi.

Ma ora, per alleggerire la lettura, permettetemi di chiudere con questo breve racconto.

Il Bomba. Così lo avevano soprannominato gli amici della banda per la sua passione per il bombardino, lo strumento che suonava con una certa abilità e che amava più di un figlio.
Aveva cominciato a suonarlo quando portava ancora i calzoni corti e aveva continuato a suonarlo negli anni, nonostante il lavoro in fabbrica lo costringesse a turni che mal si conciliavano con questa sua passione. Eppure non aveva mai mollato, rinunciando al sonno, al riposo e a qualche cena. Ma da quando era andato in pensione quella passione non aveva più avuto ostacoli e anche i vicini avevano dovuto rassegnarsi a sentirlo esercitarsi ogni pomeriggio immancabilmente dalle sedici alle diciannove. Perché bisogna ammetterlo: il Bomba quando suonava non si risparmiava di certo. Ora poi erano subentrati problemi di vista e di udito per cui gli spartiti avevano bisogna di essere ingranditi, ma soprattutto a essere aumentato (anche per potersi sentire) era il volume del suo suono.
Allora accadde un fatto quella volta che ci fu la processione del Venerdì Santo.
Per l’occasione il maestro della Banda aveva assegnato lo spartito della celebre Marcia funebre di Chopin. Si trattava di una musica delicata e inoltre occorreva procurarsi qualche aggeggio per illuminare lo spartito sostenuto dalla lira. Non erano quelli ancora tempi tecnologici e dunque il problema non era di facile soluzione. Vi era certo l’opzione di studiare la parte a memoria, ma si sa che questa, in tarda età incomincia a vacillare. Il Bomba non si perse d’animo e con un ingegno che solo a lui poteva appartenere escogitò un’invenzione assai curiosa. Fu così che la sera del Venerdì Santo si presentò alla Banda con un pario di occhiali ornati alle estremità da due “fanali” (collegati ad una batteria posta nel taschino della giacca) che avrebbero illuminato lo spartito in modo più che soddisfacente. Fu subito circondato da vari bandisti che chiedevano informazioni sull’invenzione e quasi lo rimproveravano di non averli informati per tempo.
«Si tratta di un prototipo» si giustificò con orgoglio «e non ho neppure depositato il brevetto!»
Forse fu proprio a causa di quell’imprevista novità che nessuno pensò di ricordare che quella sera, a causa di imprevisti lavori in corso, la processione, una volta giunta davanti al Municipio, avrebbe subito una deviazione rispetto al tragitto consueto. Del resto non era un problema così pertinente in quanto la  Banda sarebbe stata preceduta dal labaro del Comune con gli agenti di servizio in grand'uniforme ad indicare la strada.
Dunque la Banda, all’ora stabilita, si posizionò innanzi al Duomo e quando le sue porte si aprirono dando vita al corteo, iniziò lentamente a marciare al suono della melodia di Chopin. Il Bomba, come suo solito era nell’ultima fila, all’estrema sinistra accanto ai Bassi e aveva azionato a tempo debito l’accensione dei due “fanali” alle estremità degli occhiali.
La musica scorreva lenta e mesta, come si conviene in una tale occasione, e il Bomba suonava con la passione e la concentrazione che lo distinguevano. Forse era troppa l’attenzione alla musica quando, raggiunto il Municipio la processione e la Banda stessa iniziò una deviazione sulla destra.
Marciando in inquadramento, nell’occasione di cambi di direzione occorre controllare l’allineamento e rallentare il passo se sulla destra e accelerarlo se sulla sinistra. Impresa questa già delicata per un normale plotone militare, ma figuriamoci per chi fosse pure impegnato nell’esecuzione musicale.  Fatto sta che il Bomba, abbracciato al suo bombardino, con l’udito ormai affievolito e la vista forse abbagliata dai curiosi “fanali” … non si avvede della deviazione e imperterrito continua a marciare nella dritta direzione. Ad accorgersi sono invece i chierichetti che accompagnano il Prevosto dinanzi alla Croce. Si guardano sorridendo finché il più scaltro esce dalla processione per rincorrere il disperso. Il Bomba sta continuando a suonare ormai tutto solo. Sentendosi toccare la giacca, interrompe l’esecuzione e con gli occhiali illumina il volto del chierichetto che gli fa segno di girarsi. Guardandosi intorno, scopre la sua solitudine mentre intravede in lontananza la coda della processione.
Il chierichetto ora corre veloce a recuperare la posizione. Il Bomba, compresa la situazione, arranca un po’ a fatica. Lungo la strada qualcuno dei presenti sorride e qualcun altro azzarda:
«Oh, Bomba, più che fuori tempo, sei fuori strada!»
Ma lui ansimando, non si dà pace: «Hanno sbagliato! Sono loro che hanno sbagliato strada!»





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